Sul disagio giovanile i Genitori danno una mano a se stessi

La lodevole iniziativa, intrapresa dal Dipartimento Dipendenze Patologiche dell’ASUR 4 di Senigallia, in collaborazione con le Associazioni “Primavera” e “Camminiamo insieme”, coinvolge tutti coloro che sentono il bisogno di informarsi e di confrontarsi sulle tematiche relative al disagio giovanile.

La risposta delle istituzioni e dell’associazionismo sul fronte della prevenzione sia per quanto riguarda i giovani stessi che le loro famiglie, in termini di progetti ed iniziative, in città, comincia a farsi sentire. Ma mentre il coinvolgimento dei primi sembra più facile da realizzare quella dei genitori comporta veramente tanta fatica. Ma perché? Di seguito riporto una lettera ricevuta qualche mese fa da un genitore che ci spiega forse quali siano i motivi che lo ‘bloccano’ a chiedere qualsiasi genere di aiuto.
 
“…..oggi possiamo vivere un’avventura alla quale non siamo stati preparati. Non sappiamo, infatti, come cavarcela con un figlio di 16 anni che abbiamo scoperto mentre tira una sigaretta o uno spinello. Rimaniamo di sasso quando abbiamo trovato nella sua camera un dvd a luci rosse o una rivista pornografica. Non sappiamo come richiamarlo all’ordine quando si ritira a casa sempre più tardi, compreso il sabato notte mezzo ubriaco. Cadiamo nella disperazione se ci chiamano per dirci che nostro figlio ha lanciato un sasso sull’autostrada per motivi che non sappiamo spiegarci. Cosa è successo? Non abbiamo saputo insegnargli niente per meritarci questi dispiaceri?
In effetti, il modello che ho avuto in mente è sempre stato quello dei miei genitori che comandavano, esigevano ed io ubbidivo. Ma erano altri tempi. Oggi come faccio? Mi è difficile capire quale papà devo essere per affrontare le circostanze che ho appena descritto e, comunque, quando e se succederà la colpa sarà sempre e solo mia perché non ho saputo educare il mio ragazzo. La vergogna e l’imbarazzo mi bloccano, per orgoglio e dignità non riesco a chiedere aiuto a nessuno, rimango isolato e impotente.
Ho avuto modo di partecipare a qualche incontro sulla genitorialità, organizzato dalla Scuola o dal Comune, ma ho trovato solo consigli “esperti” che mi dicevano cosa dovevo o non dovevo fare. Dall’altra parte, ho trovato solo Enti o Associazioni che si prendono cura di quei poveri e sfortunati genitori che si ritrovano con dei figli tossicodipendenti o alcolizzati. Ma di quei genitori che non hanno ancora un “problema”, chi se ne preoccupa? Di quei genitori che vogliono semplicemente dialogare e confrontarsi su quello che succede nella loro famiglia prima che scoppi la disperazione?
In effetti, i sintomi di un disagio li percepisco in casa direttamente o me li comunica la scuola quando il rendimento si abbassa o crolla. Non so se è già troppo tardi e quindi devo aspettarmi il peggio o, a denti stretti, devo aspettare solo che passi trattandosi di una crisi passeggera, tipica dell’età adolescenziale.
Ho provato a parlarne con il mio parroco e lui mi ha risposto che devo confidare in Dio, ho provato a parlarne con altri genitori che normalmente mi rispondono che loro il problema per ora non lo vedono e quindi tutto è sotto controllo (beati loro!); ho provato, infine, a consultarmi con uno psicologo che mi proposto una psico-terapia familiare ovviamente a pagamento.
Io sono certo che la mia condizione di “genitore abbandonato” la vivono in tanti ma nessuno, con coraggio, riesce a dirlo apertamente”.
 
Ecco, io spero che questa testimonianza forte possa aiutare tanti genitori ad aiutare se stessi in questo difficile passaggio della vita dei loro figli, cogliendo l’occasione per partecipare a questo importante intervento sulla prevenzione al disagio. 

La Lealtà verso i Negozi del Centro


La Lealtà verso i negozi del CentroLa CNA locale ha aperto l'anno con un invito: “Nel 2011 dovremo rafforzare e tutelare le piccole attività nei centri storici, ostacolando progetti faraonici che calpestano e trasfigurano il tessuto imprenditoriale della nostra zona”.

Ma sarà possibile? Ma se ogni anno si chiude con la nascita di qualche mega centro commerciale periferico, o mega outlet di ogni genere! Ma di questo passo i Centri Storici, compreso il nostro, saranno sempre più poveri di attività e di persone? O sarà possibile trovare una strada che invece li valorizzi e li arricchisca. Le Amministrazioni stanno impazzendo per riuscire a trovare nuove soluzioni al traffico, alla viabilità e ai parcheggi; ma queste saranno le uniche strade per salvare i Centri Storici da morte certa?

 Io invece mi sto facendo sempre più l’idea che molto dipenderà dalle persone che esercitano la loro attività in Centro o da coloro che decideranno di intraprenderla.
 
Mi sono chiesto, infatti, se la forza di un negozio del centro stia solo nell’assortimento, nei prezzi, nella qualità della merce o anche nel rapporto che il cliente ha con il suo titolare. Nelle ricerche che si leggono in giro pare che l’accoglienza, la cortesia, il riconoscere il cliente quando entra, il consigliarlo, il trovare insieme una risposta al sua richiesta, siano alcuni aspetti caratterizzanti di questo rapporto.
 
Niente di psicologico, solo una forte sensibilità. Rispetto alla spersonalizzazione dei centri commerciali dove il cliente normalmente intrattiene un rapporto del tipo “mordi e fuggi”, adeguato ai ritmi frenetici di tutti i giorni, nel negozio del centro ci si va perché si trova un qualcuno prima di un qualcosa.
 
A tutti capita, per esempio, di andarsi a prendere un caffè in un bar qualsiasi della città. A me è capitato, invece, di andare spesso alla Via Granda, nei pressi di Piazza Duomo, la cui caratteristica principale è l’accoglienza sorridente del suo titolare, Attilio. Intanto, ti riconosce chiamandoti per nome e facendolo precedere dal ‘Signor’; ma la cosa sorprendente è che Attilio, agendo empaticamente, ti apre la bustina dello zucchero e te lo versa piano piano nel tuo cappuccino caldo. La tua difficoltà, quindi, di non avere la terza mano (due per strappare la bustina mentre l’altra sostiene la brioche) viene superata da questo gesto di calda ed inaspettata cortesia.
 
L’aneddoto appena riportato la dice lunga sul perché la gente si affeziona a certi negozi e soprattutto a certi negozianti. La fedeltà è un valore che si è andati via via perdendo un pò perché la vendita spesso è affidata ai commessi spesso poco coinvolti nell’impresa, è un pò perché, inspiegabilmente, è venuta meno la tensione verso la costruzione duratura di un rapporto che fa della riconoscibilità un valore inestimabile.
 
Questo contributo costituisce il primo di una serie che sto raccogliendo da diverse tipologie di media e che nelle prossime settimane verranno pubblicati in questa rubrica dal titolo: “La Lealtà verso i Negozi del Centro”.