I sacchetti per l’umido, carta riciclata e mater-bi

immagineE mentre Napoli lentamente muore sotto il peso dei rifiuti, sembrerebbe una questione di lana caprina quella che, relativamente alla raccolta dell’umido domestico, porrebbe l’attenzione sulla scelta dei sacchetti di mater-bi o di carta riciclata.

In realtà, i senigalliesi, che già da qualche anno si cimentano bene o male a praticare la raccolta differenziata, probabilmente sono in condizione, più di altre comunità, di apprezzare la differenza di alcuni sistemi di raccolta. Da sei mesi a questa parte, sperimentalmente, sul territorio delle Saline, Montignano e Marzocca sono stati consegnati ai cittadini confezioni di sacchetti di carta riciclata ®Sumus in luogo di quelli abituali di mater-bi (amido di mais). L’esperienza di questi mesi ha avuto diversi riscontri, alcuni positivi altri drasticamente negativi. Addirittura, ne è stata fatta una interpellanza in consiglio comunale con la quale è stata chiesta la cessazione della sperimentazione dei sacchetti di carta in quanto inadatti per la loro piccola dimensione e la scarsa tenuta dei liquidi.

Di contro, le opinioni registrate dagli operatori o ascoltate direttamente da alcuni cittadini non ci sono sembrate così allarmanti e distruttive; anzi, la richiesta specifica del sacchetto ®Sumus si è manifestata più di una volta da parte di molti cittadini presso gli sportelli del CIR. Allora, evidentemente, bisognerà capire quali siano stati i motivi che hanno determinato un giudizio così negativo. Analizziamo, pertanto, le obiezioni sulle caratteristiche dei sacchetti per quanto riguarda la dimensione e la resistenza. Innanzitutto, bisogna specificare che morfologicamente i sacchetti di mater-bi e quelli di carta riciclata non sono esattamente la stessa cosa. I primi si adeguano facilmente alle pareti del contenitore, i secondi, rimanendo rigidi, praticamente s’infilano nel loro contenitore senza possibilità di ulteriori maneggiamenti, con una perdita naturale di spazi utilizzabili. Per far in modo che un contenitore da circa 10 lt, ossia quello utilizzato attualmente dalla nostra utenza, possa contenere un sacchetto di carta è necessario che questo risulti un po’ più piccolo ossia di 7 litri (8 lt quelli di mater-bi).

Quello utilizzato a Pesaro, per esempio, che è di 8 lt (più basso e più largo) risulta idoneo ad un contenitore completamente diverso dal nostro. Per quanto riguarda la tenuta, invece, crediamo che sia mancata completamente una corretta informazione sulle modalità di utilizzo del sacchetto di carta ®Sumus. (Allego l’efficace video realizzato sul tema dal titolo: TRASH FICTION http://www.youtube.com/watch?v=UFCbRt1vzrI). Una sorta di istruzioni per l’uso, insomma, come distendere sempre sul fondo del sacchetto il cartoncino che si trova all’interno, per garantirne resistenza e tenuta; come sgocciolare sempre i rifiuti organici prima di buttarli nel sacchetto; come NON pressare i rifiuti; come spezzettare i rifiuti più voluminosi; come buttare nel sacchetto carta assorbente e tovaglioli sporchi; come avvolgere in carta (ad es. di giornale) gli scarti puzzolenti (residui di pesce, carne, formaggi); come separare sempre gli scarti alimentari dalle confezioni di vetro, plastica, metallo, e così via. Naturalmente con questo non si vuole affermare la validità assoluta del sacchetto in sperimentazione, perché comunque l’esperienza di ciascuno di noi sarà sempre quella che ci farà decidere per l’uno o per l’altro, e la possibilità di scelta sarà per noi una buona occasione per diversificare e qualificare meglio il sistema di raccolta dei rifiuti domestici. 

Al bando i sacchetti di plastica

 
Pare che questo sia l’ultimo Natale con le buste di plastica in polietilene. Infatti, dal primo gennaio per fare la spesa o trasportare oggetti e merci, i tradizionali sacchetti di plastica dovranno essere sostituiti con quelli biodegradabili (per es. carta, mater-bi o altri materiali).

Il percorso. La messa al bando dei sacchetti in plastica non biodegradabile nasce con la finanziaria 2007 (Governo Prodi). La legge del 27 dicembre 2006 n. 296, prevedeva l'avvio, a partire dal 2007, di un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchetti in plastica non biodegradabile. A seguito di questo programma si sarebbe giunti alla definitiva messa al bando dei sacchetti a partire dal 1º gennaio 2010. Nel giugno 2009 (Governo Berlusconi) la messa al bando delle shopper in plastica slitta di un anno: il decreto “milleproroghe” rinvia al 1° gennaio 2011 l'entrata in vigore del divieto. Insomma, ci siamo?

Localmente e da qualche tempo il sacchetto biodegradabile ce lo danno solo al supermercato al costo di € 0,10 cad (circa 26 euro all’anno) e poichè ha una discreta capacità lo utilizziamo anche per contenere i rifiuti domestici al posto del piccolo sacchetto di bioplastica fornitoci gratuitamente dal Comune. Nei negozi e al mercato, invece, il sacchetto è ancora di plastica e talvolta di carta. La prima questione che si pone è se si parta davvero il primo gennaio; infatti, si dice che si vorranno smaltire prima tutte le scorte di sacchetti di plastica ancora in circolazione; il secondo punto è se il sacchetto fosse di plastica più pesante, quindi non più “usa e getta” ma utilizzabile più volte, potrebbe essere comunque mantenuto; il terzo è se si controllerà l’avvenuta sostituzione (Torino che ha iniziato sei mesi fa ha introdotto una multa dai 25 ai 250 euro per il commerciante inadempiente); il quarto punto è se i cittadini di tutto questo sono informati e se devono pretendere dal negoziante il rilascio di una busta biodegradabile; infine, i prezzi di questi nuovi sacchetti saranno così trasparenti, come è oggi nella grande distribuzione, oppure saranno ‘inclusi’ nel prezzo finale del prodotto?

Le campagne informative realizzate quest’anno (p.es. Porta la sporta) hanno visto anche il Comune di Senigallia sollecitare la grande e piccola distribuzione a mettere in campo misure concrete e strategie di coinvolgimento dei cittadini sulla progressiva dismissione dei sacchetti in plastica. Ma ci sono varie perplessità. La prima è sicuramente quella dei produttori anche locali che per trasformare un impianto che produce sporte inquinanti in uno biocompatibile o lo pagano dai 100 ai 150 mila euro o mettono a rischio quella parte di forza lavoro oggi adibita alla produzione dei sacchetti in plastica. Un’altra è sul tipo di sacchetto da adottare: una busta sì di plastica, trattata però con particolari additivi che una volta abbandonata nell’ambiente si consuma in fretta, in uno o tre anni, oppure il delicatissimo e maleodorante sacchetto in bioplastica la cui degradabilità avviene in circa sei mesi?

Oppure promuovere le sporte in tela, in plastica dura o in carta cementificata? Al momento non vi sono prese di posizione da parte delle associazioni di categoria locali, come pure non sembra che il Comune abbia mai specificato (e se lo farà) le caratteristiche che devono avere le buste biodegradabili, lasciando libero l’esercente di scegliere la busta che più corrisponda a quelle caratteristiche di biodegradabilità. In effetti, tutti hanno avuto un anno per pensarci. Vedremo il primo gennaio cosa accadrà e se soprattutto qualcuno controllerà.

Una scuola sempre più in salita

Anche quest’anno i tagli inferti dalla riforma Gelmini li stiamo sentendo anche noi, come genitori di questi bambini. Per quanto riguarda le scuole di primo grado anche Senigallia ha avuto un gran da fare per quadrare i numeri degli organici, salvando, con soluzioni anche complesse, plessi e classi di centro e di periferia.

E non si placano nel frattempo le lotte soprattutto del precariato che si vede negare ancora una volta la possibilità di una stabilizzazione. La cosa, tuttavia, di cui siamo maggiormente preoccupati come genitori è la qualità di una scuola che ci dicono in caduta libera. Certo è da apprezzare lo sforzo del Comune, come quello della scuola, che assicurano (quasi) i medesimi servizi dell’anno scorso riservando fondi e, comunque, chiedendo alle famiglie ulteriori sacrifici economici affinché questa qualità venga lo stesso assicurata.

Per inciso, ci riferiscono che gli aumenti delle rette scolastiche erano inevitabili, perché erano la metà della media regionale e che, con gli aumenti comunque, resteranno le più basse. Ma il contraccolpo determinato dalla scomparsa del modulo con l’affermazione del maestro unico sta avendo una ricaduta tangibile sulla qualità dell’insegnamento. Che fare? Qui il pensiero va quasi naturalmente all’idea che la famiglia ha della scuola, ossia di un luogo dove viene erogato un servizio educativo che essa utilizza per un numero di ore sufficienti a coprire il proprio tempo lavoro. Questa idea ormai sembra non reggere più, perché il tipo di legame che la famiglia dovrà stabilire con la scuola deve avere il sapore di una partneriato sempre più importante.

Genitori che si offrono per assistere i bambini nel tempo mensa, genitori che aiutano le maestre durante le gite d’istruzione, genitori che (come è già accaduto) si fanno promotori/organizzatori di iniziative educative sono solo alcuni casi in cui le famiglie potrebbero contribuire a sostenere una qualità che con il nuovo modello è stata mortificata. Concludo con un appello. La qualità della scuola non può più essere una prerogativa esclusiva delle Istituzioni perché riteniamo che le famiglie nell’interesse esclusivo dei propri bambini, e nella generale scarsità di risorse, abbiano il diritto e il dovere di contribuire a risollevare il morale di una scuola palesemente avvilita.

Gli energy drink sono sconsigliati ai minori di anni 16

Estate, è tempo di spiaggia, bar e pub, di serate un pò più trasgressive e prolungate; ma bevande, apparentemente innocue come gli energy drink, nascondono insidie ancora poco prese in considerazione.

Venduti in lattina, spesso addizionati con anidride carbonica, gli Energy Drink, dal sapore dolce e appetibile, non sono in commercio in tutti gli stati europei; Danimarca e Norvegia, per esempio non hanno autorizzata la vendita e gli USA ne seguiranno le orme.

Cosa contengono

Le bevande energizzanti sono composte, perlopiù, da ingredienti innocui se presi singolarmente, ma probabilmente pericolosi se assunti in quantità elevate o in mix con l’alcool. Tra tutti, il principale è la caffeina in quantità variabili tra 80-200 mg (una tazzina di caffè ne contiene 80-85 mg). Si aggiungono poi taurina, guaranà, ginseng, erba mate, ginko biloba, creatina, carnitina, zuccheri, antiossidanti, vitamine. In una lattina da 250 ml caffeina e taurina sono presenti in quantità tripla ai drink tradizionali.

Effetti

I componenti degli Energy Drink facilitano un forte dispendio d'energia attraverso un incremento della pressione sanguigna, della velocità di reazione e del metabolismo, riducendo la percezione della fatica sia fisica sia mentale. La risposta agli effetti farmacologici della caffeina varia, ma in alcuni soggetti può indurre l'aumento eccessivo di frequenza cardiaca e pressione arteriosa.

Alcool e Energy Drink

L'associazione di Energy Drink e alcool, frequente nei cocktail, può dare al consumatore una sensazione illusoria di padronanza della situazione indotta dalla caffeina, che inibisce l'effetto sedante dell'alcool. In realtà, mentre lo stato di ebbrezza è mascherato, segnali come la fatica e la sonnolenza risultano attenuati, ma restano in agguato, poiché la concentrazione ematica di alcool non viene modificata. Terminato l'effetto della bevanda energetica, la sbornia si materializza con vomito, cefalea, disequilibrio, sonno e disidratazione, sintomi aggravati da caffeina e alcool.

Diffusione e abuso

Nel nostro Paese, sono gli under 30 ad abusare degli Energy Drink, spesso associati all'alcool. Oltre l'effetto stimolante e "potenziante", circa il 10% degli utilizzatori segnala effetti indesiderati come difficoltà ad addormentarsi, insonnia, ansia e palpitazioni. Anche se la presenza sulle etichette di avvertenze, che ne sconsiglino l'uso a soggetti cardiopatici ed ipertesi e ai minori di 16 anni, quello che desta preoccupazione è l’utilizzo, smodato e spesso incosciente, che gli adolescenti fanno degli Energy drink mischiati con gli alcoolici. I pericoli cui abbiamo accennato sono attualmente oggetto di discussione anche nella comunità scientifica, e sono stati denunciati di recente in alcuni articoli apparsi in letteratura.

In particolare, i rischi derivanti dall'assunzione simultanea di Energy drink e alcool consistono: 1) nella possibilità che soggetti, che non hanno una sufficiente percezione del loro stato di ebbrezza, possano essere responsabili di incidenti; 2) nella mancata percezione degli effetti sgradevoli dell’alcool, tale da indurne l’assunzione di quantità eccessive e di conseguenza aumentare le probabilità di sviluppo di dipendenza da alcool. E’ possibile che qualcuno ritenga queste preoccupazioni eccessive e obietti che si tratta di sostanze legali, che bisogna considerarla una sorta di trasgressione soft e che infine qualcosa bisogna pur bere. La stessa confezione degli Energy Drinks, colorata e scintillante, in fin dei conti attraente, tende ad attenuare giudizi troppo severi. Tuttavia, la reazione generale sarebbe diversa e sicuramente più allarmata se pensassimo a giovani e giovanissimi che associano nottetempo gin, vodka o whisky a dosi massicce di caffè.
 

‘Blitz’ della Motorizzazione sui motorini truccati, multati i genitori

Tra una sanzione di 450 euro notificata ai genitori di minori di 16 anni, colti a consumare bevande alcoliche (recente ordinanza di Milano) e una sentenza, sempre milanese, che condanna le famiglie di ragazzi minorenni, responsabili di aver stuprato una loro compagna, a pagare 450.000 euro come risarcimento, arriviamo alla multa di 380 euro comminata ai genitori di figli ‘scapestrati’ che hanno truccato il loro motorino.
 

La strada della stretta al portafoglio delle famiglie per le azioni ‘sciagurate’ commesse dai loro ragazzi sta dimostrando che le Istituzioni, al momento, non sanno che pesci prendere sul fronte dell’educazione, e, crediamo, che simili iniziative tenderanno ad aumentare. Ma la soluzione repressiva rivela anche l’incapacità delle Istituzioni stesse di dare risposte incisive sul fronte della prevenzione, addossando completamente la responsabilità alle famiglie di non aver saputo vigilare sui propri figli.

Tutti, genitori, istituzioni scolastiche e comunali, rivenditori, meccanici hanno sempre fatto finta di niente sugli ‘armeggiamenti’ di questi ragazzi, eccitati non solo per il fatto di aver ricevuto finalmente il motorino, ma di poterlo truccare a loro piacimento. Direi a questo punto che tutte le campagne informative e i progetti specifici promossi dal Dipartimento dei Trasporti Terrestri e dalla Polizia Municipale di Senigallia risultano ancora inadeguati perchè questi ragazzi continuano ancora ‘con entusiasmo’ a trasformare i loro mezzi, a discapito della propria sicurezza.

Comunque, prima di arrivare alle impopolarissime contravvenzioni e ai sequestri cercherei di trovare altri rimedi che coinvolgano le persone più vicine ai ragazzi. Innanzitutto, i genitori; spesso ignari del fatto che il cinquantino regalato in origine è diventato un bolide da 100 Km/h, dopo un pò farebbero bene a farlo verificare presso qualche officina di fiducia in maniera da poterne accertare la trasformazione (anche fai da te) e prontamente esigere il ripristino alla potenza iniziale. I tecnici delle officine, così come per i baristi sulla somministrazione delle bevande alcoliche ai minori di anni 16, dovrebbero rifiutarsi di rispondere a richieste di trasformazione del mezzo, coinvolgendoli in questo importante processo educativo, nonostante sia a discapito dei loro ricavi.

Il sacchetto di carta Sumus: istruzioni per l’uso e dove trovarlo

SUMUSIl nuovo contributo riguarda il corretto uso del sacchetto di carta per l’umido “SUMUS” e alcune indicazioni su dove è possibile trovarlo.

La presentazione sulle istruzioni per l’uso ci è stata gentilmente concessa da Renato Fancello, Responsabile dello sviluppo prodotti dell’ASPIC, l’azienda che produce il sacchetto. (file.pdf)

Per quanto riguarda, invece, i luoghi, ove è possibile approvvigionarsene gratuitamente (ma solo per i cittadini residenti nei quartieri Saline, Ciarnin, Marzocca e Montignano), sono gli Sportelli CIR di Saline e Marzocca negli orari prestabiliti; mentre i negozi ove è possibile acquistarli a un prezzo molto vantaggioso, sono: EMPORIO ALCATRAZ Via Testaferrata (p.zza Duomo), EDICOLA DEL MARE di S. Tranquilli (Ponte Rosso) LA BOTTEGA DELLA TONINA (Ufficio Postale delle Saline, Via delle Viole)

La scelta del sacchetto di carta per l’umido SUMUS

Molti cittadini, che stanno ritirando i nuovi sacchetti di carta SUMUS per l’umido domestico, rimangono un po' perplessi sulla scelta della carta riciclata al posto di quella bioplastica (mater-bi).

Al di là dell’apprezzabile funzionalità del sacchetto, del quale abbiamo parlato in un articolo precedente, in effetti, uno degli aspetti poco rappresentati, nella filiera di gestione del rifiuto umido, è la percentuale di impurezze che giungono con la massa organica all'ingresso dell'impianto di trattamento finale (sia esso di compostaggio o di biodigestione anaerobica e compostaggio).

Tra gli elementi che maggiormente contribuiscono ad aumentare la percentuale di Materiale Non Compostabile (MNC), la plastica (shopper, buste varie) è tra i più rilevanti. Infatti, pur a fronte di un peso specifico ridotto, l'obbligo dell'intervento del gestore d'impianto, per separare tale prodotto non compostabile dalla massa organica, comporta il trascinamento con esso di importanti quantità di frazioni compostabili. L'impiego di bio-plastiche nelle raccolte differenziate non modifica, se non in modo marginale, il quadro. L'utente, infatti, rimasto privo di sacchetti in bioplastica (e questo è un fatto frequente per la debolezza degli stessi, per cui spesso l'utente ne usa due, uno dentro l'altro, per garantirsi sulla resistenza e la tenuta), tende a sostituirli preferibilmente con sacchetti in plastica. Da ciò deriva l’ulteriore confusione.

A bocca d'impianto il gestore, non potendo essere garantito sull'omogeneità della massa di involucri plastici (bio o meno) scarta e smaltisce separatamente tutti gli involucri. In tale operazione viene scartato molto organico perfettamente compostabile. In Piemonte, per tale problema, ci sono impianti che hanno percentuali di scarto del 25-35%. In Toscana siamo su una media del 30%. Adottando un sistema come SUMUS la percentuale di materiale non compostabile risulterebbe solo del 5%.

Il risparmio non è legato solo a questo mancato smaltimento in discarica di materiale processabile, ma anche dall'effettività dell'efficacia della raccolta. Non è infatti giustificabile a livello gestionale che un sistema che spende e fa spendere per attivare la raccolta differenziata dell'umido a monte, deve poi rispendere per conferire in discarica alte percentuali di quanto faticosamente raccolto separatamente.

Può essere interessante sapere che la Regione Piemonte (patria della Azienda leader nel settore delle bioplastiche-mater-bi) ha emanato recentemente una Delibera di Giunta concernente "Criteri tecnici regionali in materia di gestione dei rifiuti urbani”, in cui, per la raccolta differenziata del rifiuto organico umido, invita a preferire involucri in carta rispetto a ogni altro materiale per quanto definito biodegradabile. Ciò non deve stupire in quanto le bioplastiche, indipendentemente dalla loro compostabilità, non possono eludere il fatto di essere confondibili con le plastiche comuni.

Sumus, il primo sacchetto per l’umido in carta riciclata

Il sacchetto in carta riciclata SUMUS®, al momento distribuito sperimentalmente presso gli Sportelli CIR di Saline e Marzocca, è un ri-prodotto, realizzato con materiali provenienti al 100% dalla raccolta differenziata.

La realizzazione di imballi alternativi agli attuali che abbiano il minor impatto ambientale possibile pare sia una necessità impellente per la nostra società, per realizzare uno sviluppo ecocompatibile e responsabile. Lo scopo, quindi, è quello di estendere l'impiego dei materiali biodegradabili e compostabili anche agli imballi. Oggi in Italia, inoltre, esistono più di 250 siti di compostaggio che producono migliaia di tonnellate di compost di qualità che arricchiscono i nostri terreni. L'utilizzo del sacchetto in carta migliora la qualità del compost e inoltre apporta vantaggi alla gestione del sito di compostaggio.

Il sacchetto è prodotto dalla ASPIC, Azienda Speciale per il Compost nata nel 2005 per realizzare imballaggi biodegradabili e compostabili per i rifiuti. Nato dall’esperienza scandinava e mitteleuropea con il tempo è stato migliorato in molte parti per permettere all’utenza un più pratico e confortevole utilizzo. Il sacchetto è prodotto con carta riciclata al 100% ed è trattato per essere resistente all’umido (certificazione ISEGA per la compostabilità).

L’utilizzo della carta, a differenza della plastica (mater-bi), consente un notevole passaggio d’aria che permette al rifiuto organico di iniziare da subito la sua fase di compostaggio (il rifiuto si riscalda fino a 45° e l’acqua, anziché percolare, evapora). In questo modo il rifiuto non marcisce e non crea cattivi odori. Questa specialità consente anche di diminuire l’odore del rifiuto conferito al compostatore con minore disagio sociale per la popolazione che risiede nelle zone limitrofe al sito di compostaggio. Infine, il rifiuto organico urbano è generalmente scarso di fibre e ricco di prodotti precotti e grassi. L’utilizzo della carta, quindi, consente di aggiungere una notevole quantità di fibre di lignina (90%) al rifiuto organico urbano, migliorando la qualità del compost finito.

Il sacchetto è dotato di una chiusura ermetica che impedisce alla colla biodegradabile del fondo di aprirsi anche in presenza di forti pressioni e grandi quantità di umido. All’interno del sacchetto viene adagiato un cartoncino che al momento dell’utilizzo viene ribaltato sul fondo. Questo fondello interno consente un maggior assorbimento dei liquidi in sospensione, maggior resistenza del fondo ed una maggiore stabilità del sacchetto aperto. Il problema chiusura non ha bisogno di soluzioni, perché basta accartocciarlo energicamente utilizzando le alette di risvolto.

Infine, questo sacchetto consente un’ottima stampa, con inchiostri anch’essi biodegradabili, grazie alla quale è possibile divulgare tutte le informazioni necessarie ad un suo corretto utilizzo, come la selezione dei materiali organici da immettere oltre che tutti i comunicati sociali che si desidera diffondere.

Il sacchetto Sumus® è già diffuso con successo in realtà quali Roma, Bologna, Torino, Genova, Bolzano, Cuneo, Ancona e Pesaro.

I pannolini lavabili, quali strategie per una giusta introduzione?

In questi giorni la Provincia di Ancona ha varato l’importante iniziativa dei pannolini lavabili che saranno distribuiti ai primi mille bambini nati nel 2010, sulla quale ci sentiamo di fare qualche considerazione.

Nella scorsa campagna elettorale abbiamo parlato spesso degli enormi vantaggi che l’utilizzo di un simile prodotto possa arrecare al sistema dei rifiuti, nonché alle tasche delle famiglie. Tuttavia, avremmo pensato ad una sua diversa strategia di introduzione, trattandosi di un bene di sì facile utilizzo ma che impone una scelta molto consapevole.

Sfruttando l’occasione delle elezioni comunali, abbiamo chiesto ad un certo numero di neo mamme se conoscevano il prodotto e se, soprattutto, l’avevano mai utilizzato. Molte non lo conoscevano, ma in diverse che l’avevano usato, l’avevano presto abbandonato in quanto riferivano che erano molto poco pratici.

La nostra conclusione è che il passaggio dall’usa e getta a quello lavabile non è scontato né automatico, soprattutto perché le neo-mamme quando tornano a casa hanno bisogno, per la propria tranquillità, di prodotti di immediato e facile utilizzo, al di là della propria sensibilità e cultura ambientale. Allora crediamo che qualche correttivo al lancio di un prodotto così ‘sensibile’ andava fatto.

Il canale distributivo. Il progetto prevede che le mamme, dopo aver ricevuto il coupon vadano in farmacia e prelevino il kit di pannolini. In questo caso, avremmo visto più adatte le strutture ospedaliere specifiche o consultoriali, deputate a svolgere un delicato ruolo di accompagnamento delle mamme al parto, alla consegna del primo kit, lasciandone alle farmacie la continuità commerciale.

La formazione. La messe informativa, anche in più lingue, prodotta per il lancio, con la relativa campagna di comunicazione, potrebbe risultare eccessiva e controproducente per un bene che andrebbe ‘spinto’ invece in un ambiente necessariamente più consulenziale. A questo proposito, ci domandiamo se i pediatri, i ginecologi, le ostetriche, i consulenti familiari sono stati coinvolti in questa campagna informativa.

Le Asur e i Comuni. Altre esperienze di questo tipo ci raccontano che le Istituzioni comunali e sanitarie sono state coinvolte a monte in questo progetto, in qualità di nodi di una rete logistica e formativa molto qualificata. Addirittura, alcuni bilanci comunali hanno stanziato delle somme che servissero a ‘regalare’ il primo kit, come sostegno molto apprezzabile alle famiglie ma anche come incentivo ad utilizzare un prodotto che potesse dare sollievo all’ambiente in termini di costi per la raccolta e lo smaltimento.

Il primo kit. Il coupon rilasciato alle famiglie prevede che il primo kit contenga 3 pannolini lavabili (valore 50 euro) ma gli esperti del settore ci informano che i per i primi tempi, dovendo consentire il ricambio continuo (6-8 al giorno), sarebbe necessario un kit di almeno 10-15 pannolini per un valore che, a seconda delle marche, oscillerebbe tra i 180 e i 260 euro.

Una scuola a tutto G.A.S.

Si racconta che l’asino di Buridano, trovandosi di fronte a due quantità uguali di fieno, non essendo capace di operare una scelta, muore di fame. La scuola statale italiana, complice la congiuntura economica, complice l’andamento dei conti dello Stato, complice una tendenza ad incrementare il risparmio sul sistema educativo, sembra essersi messa sulla strada dell’asino di Buridano.

Per fortuna il “fieno” lo stanno assicurando, fin che dura, i contributi più o meno spontanei e più o meno consistenti da parte delle famiglie, ma il sistema non potrà continuare a lungo in questa emergenza finanziaria, senza che venga compromesso con il funzionamento, anche l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Siamo appena al primo trimestre dell’esercizio finanziario del 2010 e già le casse scolastiche risultano vuote, in attesa di finanziamenti che, quando arrivano, sono ridotti ai minimi termini. Le stesse supplenze vengono assicurate quando si può. Dai numerosi documenti che arrivano dalle scuole e dai dirigenti scolastici emerge una situazione davvero critica, senza considerare i crediti che gli istituti vantano nei confronti dello Stato e dei quali si fa fatica a tenere il conto e ad avere importi attendibili. Siamo alla frutta o meglio alla carta igienica perché anche quella tocca comprare e diciamo che la scuola e la famiglia, ognuna per il suo approvvigionamento, ormai si trovano sulla stessa barca. 

La scuola, per funzionare deve acquistare beni e servizi sul mercato che spesso non è per niente conveniente; le famiglie, per mandare a scuola i loro figli, hanno bisogno di libri e di materiali di consumo che assorbono porzioni di reddito sempre più consistenti. Spesso pensiamo ad un Gruppo di Acquisto Solidale (G.A.S.), in cui sia la scuola che le famiglie agiscano, non più individualmente ma come entità unica, capace, da un lato, di spuntare contrattualmente prezzi più vantaggiosi per tutti, dall’altro, di creare una rete di amicizia e di solidarietà tra le famiglie e con la scuola.  

Collegato a quest’ultimo aspetto, è da qualche tempo che si propone di attivare un comodato d’uso per i libri o per un certo corredo scolastico (grembiuli, zaini, astucci), beni il cui valore sociale ed ambientale non è di poco conto. In particolare, per i libri di scuola riportiamo alcuni aspetti positivi che un tale sodalizio potrà determinare: integrare gli alunni svantaggiati, consentendo la fruizione dei libri di testo a tutti gli alunni, senza distinzione, avendoli a disposizione dal primo giorno di scuola; educare al rispetto del libro per il suo riutilizzo da parte di altri ragazzi e quindi educare ad un diverso modo di studiare evitando di prendere appunti sui libri; educare al rispetto degli altri, alla solidarietà ed al senso di responsabilità; educare al rispetto di un bene, la carta, sempre più prezioso e quindi dell’ambiente; venire incontro alle esigenze economiche delle famiglie, soprattutto quelle in difficoltà nel passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria.