Avviso pubblico per accedere a contributi per servizi socio-educativi per minori

La ProvincProfessione Tagesmutter ia di Ancona ha indetto un avviso pubblico per l’assegnazione di contributi diretti a favorire donne in condizioni di difficoltà economiche in modo da consentirle di accedere a servizi socio-educativi per i minori a loro carico. Questo permetterà una maggiore partecipazione al mercato del lavoro da parte delle donne, consentendo inoltre di migliorare la qualità della vita di quelle che affrontano spesso seri problemi di conciliazione dei tempi tra vita familiare e vita lavorativa.

L’intervento sarà possibile grazie a risorse finanziarie del Dipartimento per le Pari Opportunità della Regione Marche, che le ha trasferite alle Province affinché siano suddivise in proporzione al numero delle donne in condizione di necessità che risultino residenti nei vari Comuni degli Ambiti Territoriali Sociali della Provincia di Ancona . All’Ambito n. 8 di Senigallia (che comprende i Comuni di Arcevia, Barbara,Castel Colonna, Castelleone di Suasa, Corinaldo, Monterado, Ostra, Ostra Vetere, Ripe, Senigallia, Serra de’ Conti) sarà assegnata una somma complessiva pari a 36.164 euro.

Potranno presentare domanda di accesso ai contributi (nel bando tecnicamente definiti come “voucher per l’acquisto”) le donne che alla data di presentazione delle domande rispondano ai seguenti requisiti:
siano residenti nel territorio o svolgano attività lavorativa negli ambiti territoriali di intervento;
si trovino nella condizione di dover assistere figli disabili o figli minori di età non superiore ai 14 anni compiuti;
risultino lavoratrici dipendenti o autonome, anche con contratto di lavoro “atipico” e/o a tempo determinato, inoccupate/disoccupate che abbiano in corso attività di formazione o una Borsa Lavoro o disoccupate (in questo caso dovranno sottoscrivere un “patto di servizio” con il CIOF per la ricerca attiva di un’occupazione). Tali condizioni dovranno essere opportunamente documentate e supportate da una dichiarazione attestante la difficoltà di conciliazione dei tempi di vita e lavoro;
abbiano una situazione economico-patrimoniale calcolata con il metodo ISEE non superiore a € 25.000 per l’anno 2010, come certificato da un Centro di Assistenza Fiscale.

Il finanziamento potrà riguardare le spese sostenute per i servizi erogati e usufuiti nella seconda metà del corrente 2011, all’interno delle seguenti categorie:
frequenza a servizi di prima infanzia (rette e servizi a pagamento per asili nido, centri estivi, attività extrascolastiche e doposcuola, centri ludico-ricreativi, servizi all’infanzia, scuole materne, ecc.. comprese quelle di baby sitting);
integrazioni rette in caso di assenza dai servizi per l’infanzia per malattia documentata;
frequenza di servizi per periodi di vacanze scolastiche, organizzati da soggetti pubblici e/o privati che abbiano come obiettivo la socializzazione e la gestione dei minori nel periodo estivo;
frequenza presso ludoteche, campi scuola, laboratori, di attività strutturate di socializzazione, di occupazione del tempo libero, organizzati da soggetti pubblici e/o privati;
attività di formazione anche culturale o artistica, diversi dalla frequenza di corsi scolastici, per la cui partecipazione le famiglie debbono sostenere il costo dell’iscrizione e/o della frequenza;
accesso a servizi e prestazioni per figli disabili.

Le domande di ammissione ai contributi del bando dovranno essere formulate entro il termine del 15 novembre prossimo e trasmesse esclusivamente per posta con raccomandata A/R alla Provincia di Ancona, Dipartimento 2° – settore 3° AREA LAVORO, via Ruggeri n. 3 – 60131 Ancona.

Per ulteriori informazioni e/o per reperire copia del bando è possibile consultare il sito internet www.istruzioneformazionelavoro.it o rivolgersi alla Provincia di Ancona – Area Lavoro (dal lunedì al venerdì dalle ore 10,30 alle ore 12,30) ai seguenti numeri telefonici: 071 – 5894422/316/426/878. È possibile anche contattare l’Ufficio servizi Sociali del Comune di Senigallia (tel. 071 – 6629276/441) o consultare il sito internet www.comune.senigallia.an.it.

Quando le Mamme si organizzano da sole…….

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Ti sembra di entrare in un asilo nido, tipo quelli comunali o convenzionati, solo che sembra in miniatura. Può ospitare fino a 5 bambini, arredato con gusto e non manca proprio niente.

Questo accade a Senigallia dove la figura della 'mamma di giorno' non è ancora ricnosciuta dalla legge. Ma allora questa mamma come fa? FA LO STESSO!

FIRMATO L’ACCORDO QUADRO ‘TAGESMUTTER’

ULTIMISSIME!!!!!!!!

GAccordo Quadro Tagesmutteriovedì 13 ottobre u.s. a Roma è stato siglato il nuovo Accordo Quadro per i contratti di collaborazione delle Tagesmutter tra l'Associazione Domus e le Organizzazioni sindacali FeLSA Cisl e UIL Tem.p., in seguito alla lunga trattativa iniziata a febbraio u.s..

L’€™asilo nido familiare. Si parte con l’€™esplorazione della domanda di utenza

sfondo 2Sono stati pubblicati gli avvisi per l’assegnazione di voucher per l’acquisto di servizi socio-educativi per i minori (Bando OASIS € 36.164 per l’ATS di Senigallia) e quello destinato agli ATS della provincia per la presentazione di progetti per la creazione o implementazione di servizi all’infanzia e alla famiglia (bando LIFE € 34.948 per l’ATS di Senigallia). Rimaniamo in attesa di ciò che verrà deliberato per la figura della ‘Tagesmutter’ (‘mamma di giorno’).

Nel frattempo, dopo circa tre settimane dal Convegno sul tema, abbiamo provato a formulare un’idea di servizio che va oltre la conciliazione del tempo di vita e lavoro della sola figura femminile, allargandosi al contesto familiare e a quello interfamiliare. Vediamo alcuni punti essenziali. a) L’Asilo Nido Familiare, per i bambini dai 3 mesi ai 3 anni, ma estendibile fino a 14, nasce a fianco della classica offerta di servizi alla prima infanzia promossa dall’Ente Pubblico, rappresentata dagli asili nido, ed è motivato dai recenti cambiamenti avvenuti nella famiglia e nell’organizzazione dell’attività lavorativa. b) La riorganizzazione dei tempi di vita della coppia, conseguenti la nascita di un figlio, fa scaturire la necessità di una maggiore flessibilità dei servizi e l’esigenza di individuare interventi nuovi, i cui tempi e spazi possono essere gestiti direttamente dalle famiglie. c) Per questo, si coglie la necessità di scegliere per i propri figli spazi di cura diversificati e flessibili che siano presenti in modo capillare sul territorio (quartieri, frazioni e paesi) e che promuovano la creazione di una rete amicale tra i nuclei familiari interessati. d) Tali servizi, attivati presso il domicilio di una coppia genitoriale (e non), in cui uno dei due componenti viene adeguatamente formato, prevedono una gestione partecipata e consentono un rapporto continuativo e stabile nel tempo di un piccolo gruppo di bambini (max 5). e) Naturalmente, questi servizi s’integrano con la rete dei servizi per la prima infanzia esistenti, offrendo esperienze d’incontro e di socializzazione nel rispetto del principio della ‘comunità educante’.

Nei giorni successivi al Convegno abbiamo registrato un crescente interesse verso questo tipo di servizio, tant’è vero che ad oggi abbiamo una ottantina di richieste di iscrizione ai corsi per diventare Tagesmutter (vater?). Adesso però è necessario dedicarsi all’esplorazione della domanda di utenza per lo più ancora inconsapevole di una possibilità in più che questo servizio potrebbe offrirle. Quindi per informare e raccogliere quante più informazioni sulla reale volontà di queste famiglie di scegliere un asilo nido familiare o integrarlo con i servizi già utilizzati abbiamo predisposto un breve questionario. Il campione è stato scelto in base alla conformazione del nostro territorio fatto soprattutto di piccoli paesi, ma anche in città andremo ad esplorare soprattutto le frazioni.

Comunque, per quelli che volessero offrirci il loro contributo informativo possono scaricare il test anche qui o dal nostro blog e reinviarcelo all’indirizzo: agesenigallia@gmail.com.Questionario per l'utenza

Convegno Professione Tagesmutter

Report del convegno sul servizio tagesmutter a Senigallia del 30 settembre 2011Il convegno di venerdi 30 settembre, a Senigallia, sul servizio Tagesmutter ha registrato una buona presenza e partecipazione di pubblico oltre agli sponsor (Banca di Suasa e il Centro Servizi per il Volontariato) e agli organizzatori (Age, Nostos, Ass. Baby-Xitter) erano presenti l’Assessore ai servizi alla persona del Comune di Senigallia, Volpini, l’Assessore Regionale ai Servizi sociali, Marconi e la Presidente dell’Associazione Domus di Trento, Masè.

Ma vediamo per punti la sintesi del Convegno.

"Servizio tagesmutter" o "nido domiciliare"? Trattandosi di un termine d’importazione straniera e con un significato letterale che non dà un’idea precisa sul tipo di servizio che offre ‘la mamma di giorno’, le istituzioni ritengono che l’assunzione del termine asilo nido domiciliare o nido familiare sia molto più chiaro.

Il servizio di asilo nido domiciliare. Per il momento non si pensa ad un servizio sostitutivo dell’asilo che noi tutti conosciamo ma ad un servizio integrativo e a supporto di quelli esistenti, al fine di offrire una possibilità in più alle famiglie.

La sperimentazione. L’asilo domiciliare non può essere introdotto con piena titolarità ma va sperimentato con gradualità nei tempi e nei luoghi giusti, al fine di valutare innanzitutto se sia effettivamente un servizio richiesto e poi se corrisponde alle aspettative di qualità e funzionalità. Naturalmente, anche la sperimentazione di un nuovo servizio, benché prevista dalla legge 9 del 2003, va collocata su un percorso normativo tutto ancora da costruire.

Mamma e bambiniLa formazione. Gli esempi riportati della mamma che si prende cura dei suoi quattro bambini in casa sua e della giovanissima laureata in scienze dell’educazione e titolata a lavorare in un asilo nido, indicano che probabilmente all’interno delle mura domestiche l’importanza dell’esperienza di maternità, sostenuta anche da titoli di studio ed esperienze di lavoro specifici, potrebbe finalmente disegnare la linea mediana della nuova ‘professione’.

Il costo del servizio. Le forze politiche, quelle sindacali nonché la giunta regionale sono al lavoro per regolamentare questo nuovo servizio, la sua figura di riferimento e il suo costo. Quest’ultimo, poiché il servizio si svolge a casa della mamma, potrebbe essere sensibilmente più basso, considerate le spese di gestione e di coordinamento psico-pedagogico. Comunque, l’esperienza di altre regioni evidenzia che il contributo pubblico alle famiglie non sempre è presente in quanto si consolidano rapporti economici con soggetti diversi (p.es. Banche o Aziende).

La domanda potenziale. Il nido domiciliare è una tipologia di servizio nelle Marche pressocchè sconosciuta (alcune nostre mamme conoscono le Tagesmutter perché magari le hanno conosciute fuori dai nostri confini). Forse Senigallia è stata la prima a richiamare l’attenzione del grande pubblico, proponendo una buona soluzione ai problemi delle donne nel conciliare il lavoro con la famiglia, e offrendo la sponda a molte famiglie che si trovano tagliate fuori dai servizi nido. Tuttavia, il fatto che non ci sia ad oggi una domanda espressa non significa affatto che tale domanda non esista.

Report del convegno sul servizio tagesmutter a Senigallia del 30 settembre 2011La fascia 0-14. Quando le Istituzioni parlano di nidi domiciliari la fascia di età considerata è normalmente quella che va dai 3 mesi ai tre anni; tuttavia è auspicabile che la regolamentazione del servizio consenta la possibilità di ampliare l’offerta a bambini di età superiore in quanto le esigenze familiari sicuramente non variano in presenza di figli più grandi.

Territorialità e flessibilità. Sono questi gli aspetti estremamente decisivi che indurrebbero le famiglie a cercare un nido domiciliare. Nella costellazione di piccoli comuni che caratterizzano il nostro territorio (salvo rari casi di nidi comprensoriali -Fermo), l’impossibilità di costruire nuovi nidi per mancanza di risorse potrebbe indurre le Amministrazioni locali a inserire nelle proprie piccole comunità un servizio ad alta flessibilità, come quello in oggetto del Convegno.
 

Un’idea sussidiaria per la conciliazione e l’occupazione femminile


di Emmanuele Massagli

 In Italia è occupata meno di una donna su due. È un dato preoccupante: sono ben 12 i punti di occupazione femminile che separano il nostro Paese dall’Europa. È vero che le donne sono una delle categorie che meno ha risentito della recente crisi economica, ma anche questo dato nasconde la strutturale distanza dal mercato del lavoro. Contestualmente alla perdita del lavoro dei mariti, molte donne, prima inoccupate, hanno deciso di coinvolgersi in un rapporto di lavoro (è “lavoro” a tutti gli effetti anche quello in casa, ma non certamente “rapporto di lavoro”) e questo ha permesso alle statistiche di registrare negli ultimi tre anni una buona tenuta del tasso di occupazione e un innalzamento del tasso di attività.

Si tratta comunque di una scelta di necessità più che l’avvio di un processo culturalmente ed istituzionalmente sostenuto. Non a caso Governo e parti sociali hanno sentito l’esigenza, qualche giorno prima della festa della donna, di sottoscrivere unitariamente delle linee guida a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro (in Boll. spec. Adapt, 8 marzo 2011, n. 11). L’intesa ha il merito di elencare una nutrita rassegna di buone pratiche che possono diventare un “menù” al quale imprese e sindacati possono attingere perché siano contrattualmente garantite soluzioni di conciliazione. Niente di inedito, ma finalmente una raccolta completa e, soprattutto, riconosciuta dalle parti, delle misure efficacemente messe in campo nelle diverse realtà aziendali. Banca delle ore, tempo parziale, orari di lavoro concentrati, telelavoro, welfare aziendale, formazione per i rientri dalla maternità, congedi parentali ecc. Si tratta di soluzioni che vanno incontro alle necessità della lavoratrice madre, soprattutto per quanto concerne il tempo da dedicare ai figli. Accanto agli espedienti più tradizionali sta prendendo sempre più piede in Italia un’esperienza che gode già di discreto successo all’estero, dove è sostenuta dalle realtà pubbliche locali. Si tratta del fenomeno delle Tagesmutter, una particolare tipologia di nido familiare. Questo modello, che laddove è presente riscontra un crescente successo e una veloce diffusione nonostante la poca nitidezza del quadro normativo italiano, ruota attorno ad alcuni capisaldi che in questo bollettino sono analizzati nel dettaglio. La centralità della casa come ambiente di vita e lavoro dell’educatrice. Il rapporto personale tra bambino, famiglia e Tagesmutter. Il coordinamento delle educatrici per il tramite di enti che garantiscono il supporto burocratico e di psicologi e pedagogisti. La vicinanza territoriale al bisogno.
In questa sede è però ancor più interessante sottolineare alcune particolarità di questo istituto connesse alla promozione dell’occupazione femminile.

La flessibilità degli orari che una Tagesmutter può garantire alla lavoratrice madre non è paragonabile a quanto avviene nei servizi “standard” come gli asili nido. I momenti nei quali si usufruisce dell’educatrice sono decisi dalla famiglia nel rapporto con l’educatrice stessa, senza nessun vincolo esterno (chiusura degli edifici, orario di lavoro delle insegnanti, normativa scolastica ecc.), neanche per quanto concerne il minimo di ore di utilizzo del servizio. Così può capitare che alcune madri chiedano alle insegnanti di lasciare il proprio figlio alle 7 di mattina, mentre altre iscrivano il proprio solo per un paio di ore al giorno, magari per fare “rifiatare” la nonna, impegnata col piccolo nel resto della giornata (il welfare familiare è ancora il primo facilitatore di conciliazione in Italia, sebbene in vertiginosa diminuzione). È evidente che l’estrema flessibilità di ingresso ed uscita “libera” la madre dalla richiesta di permessi di lavoro o dalla scelta necessaria di un’organizzazione part-time. In un certo senso è più facile che l’assistenza del figlio si adatti ai vincoli lavorativi dei genitori che il contrario (come può avvenire in alcuni asili nidi, con la giornata scandita indipendentemente dagli impegni dei genitori). La Tagesmutter è perciò esperienza assolutamente favorevole alla conciliazione tra famiglia e lavoro.

In secondo luogo non va sottovalutata la possibilità, in un contesto di questo genere, di autoimprenditorialità per la donna (anche e soprattutto la “casalinga”). Le educatrici domiciliari sono socie dell’ente che eroga il servizio e passano da una situazione potenzialmente improduttiva a una possibilità di lavoro e di reddito. Diventano una risorsa per tutta la comunità locale. Non solo: la diffusione di questo istituto contribuisce anche a fare emergere quel consistente “nero” che interessa i servizi di cura domiciliare ai bambini (le baby sitter). Quindi, se una donna ha modo di lavorare più serenamente, senza costringere il proprio desiderio di natalità, un’altra ha l’occasione per auto-impiegarsi e conseguire un reddito prima assente. Dal punto di vista statistico: da zero a due occupate, con lo stesso strumento. Risolvendo tra l’altro anche un problema pubblico: è davvero esiguo il numero di posti disponibili negli asili pubblici a fronte di una domanda almeno doppia sul territorio nazionale.

 Ovviamente le potenzialità delle Tagesmutter non sono al riparo da ostacoli che nei prossimi anni potranno frapporsi al loro sviluppo. In primis, probabilmente, l’inquadramento professionale dell’educatrice. Questa, se da una parte è ampliamente formata dagli enti che organizzano il servizio, dall’altra è vero che svolge un mestiere in concorrenza con quello degli asili nido, senza però possedere le competenze richieste all’educatrice di nido. In secondo luogo va chiarita la posizione dell’attore pubblico (il decisore regionale per quanto concerne gli aspetti normativi, quello comunale a riguardo del sostegno e della diffusione) di fronte alle Tagesmutter. Attualmente le opinioni sono diverse sul territorio nazionale, sebbene ormai quasi nessuno neghi le potenzialità positive.

Si tratta, in definitiva, di un servizio effettivamente sussidiario (la scelta dell’educatrice è lasciata alle famiglie) che permette di soddisfare un bisogno effettivo (gli asili nido) che lo Stato non riesce a coprire e permette maggiore conciliazione per la donna che lavora e una possibilità di impiego per chi è a casa o sta cercando un’occupazione che gli permetta il contatto con i propri figli. Chissà che non diventi un’idea per le parti sociali, che in questi mesi stanno riflettendo sulle soluzioni da adottare proprio per sostenere politiche aziendali di conciliazione.

‘Tagesmutter Senigallia’, una risorsa innovativa per tutta la comunità


Dalle Istituzioni regionali finalmente qualcosa si muove. L’Assessorato alle Pari Opportunità ha infatti proprio in questi giorni reso disponibili circa un milione di euro per il potenziamento dei servizi per la prima infanzia, tra cui quello delle “Tagesmutter” (Mamme di giorno).

L’Associazione Genitori è da più di un anno che lavora su un progetto da realizzare localmente, in quanto sostiene che la percentuale del 33% di copertura dei servizi per l'infanzia 3-36 mesi a Senigallia, benché rispettabile, non sia nel breve destinata a crescere più di tanto. Pertanto, ci siamo chiesti come sia possibile rispondere alla richiesta di quelle famiglie che per una serie di motivi non riescano ad entrare nelle strutture esistenti e quindi costrette ad ‘arrangiarsi'. La nostra riflessione si è posizionata, quindi, sulla rete parentale e su quella delle conoscenze familiari che spesso sostengono le famiglie quando i servizi non esistono o non sono ancora sufficienti. Una giovane nonna o una zia, un’amica inoccupata che non ha più figli piccoli da accudire, una conoscente che sbarca il lunario facendo la baby-sitter sono alcuni casi da prendere in considerazione per lo sviluppo di una rete di servizi complementari a quelli già esistenti altrettanto qualificata. La nostra ricerca si è focalizzata, quindi, su esperienze straniere (Tagesmutter tedesca) e di alcune italiane come Trento e Roma dove sono state realizzati micro-nidi domiciliari con la presenza di almeno cinque bambini gestiti da una mamma che oltre a guardare il suo bambino si preoccupa di accudire anche di quelli di altre famiglie. Tuttavia, per partire bene bisogna verificare almeno due cose.

La prima è quella di sapere se vi sono alcune mamme che sono interessate ad un’occupazione che concili lavoro e famiglia; la seconda, è quella di verificare se vi sono mamme che, nella ricerca di strutture e personale qualificato, a cui affidare il proprio bambino, cerchino altre mamme preparate a gestire anche altri bambini in un ambiente domestico, in sostituzione e/o in aggiunta ai servizi attualmente erogati dalle strutture pubblico/private. E questo sarà il lavoro dei prossimi mesi, perché solo con l’ausilio di due questionari, uno rivolto alla potenziale utenza e l’altro indirizzato a quelle mamme realmente interessate a formarsi ed effettuare un servizio di forte utilità sociale, potremo sapere se questo servizio sarà realmente richiesto ed offerto. Il risultato di questa indagine conoscitiva sarà riportato nel corso del primo Seminario sull’argomento che avverrà a meta settembre, in seguito al quale, e ce lo auguriamo, faremo partire la prima formazione per Tagesmutter a Senigallia con l’inaugurazione dei primi nuclei di “Mamme di giorno” per la fine dell’anno. Per avere più informazioni sulle Tagesmutter o su quanto si va realizzando a Senigallia scrivere all’indirizzo agesenigallia@gmail.com .

La Tagesmutter è una professione?

La Tagesmutter è una professione? Da quello che si sente discutere sui tavoli istituzionali, regionali in primis, sembrerebbe di sì, ma noi non siamo del tutto d’accordo.

La Regione, sui servizi per l’infanzia, nel 2003 ben evidenziò i requisiti strutturali degli ambienti ove i bambini erano accolti, l’organizzazione delle varie tipologie di servizio (nidi, centri per l’infanzia, spazi bambini, ecc) nonché i requisiti professionali che doveva possedere il personale (educatori, coordinatori, addetti), ma è decisamente in ritardo in tema di servizi e nuove figure più rispondenti a requisiti di territorialità e flessibilità. Immaginiamo quanti legittimamente vorranno e dovranno esprimersi per capire questo nuovo servizio e sforzarsi di disegnare un nuovo profilo di educatore che debba somigliare a quelli già esistenti, senza però fare inizialmente una riflessione: perché nasce questo servizio e chi sono soprattutto le ‘mamme di giorno’. Il gap esistente, e aggravato dalla perdurante crisi economica, tra tasso di occupazione femminile, tasso di natalità e la quantità (qualità) dei servizi di conciliazione tra lavoro e famiglia, ci inducono ad escogitare strategie di differenziazione ed ampliamento dell’offerta di servizi per l’infanzia con alta flessibilità.

Tra l’altro, le rilevazioni ISTAT 2008/2009 attestano che le regioni italiane con un alto grado di diffusione di servizi per l’infanzia sono quelle anche con un più alto tasso di occupazione femminile. Nelle Marche il tasso di occupazione femminile nel 2009 è pari al 55,4% superiore rispetto alla media nazionale che si attesta al 46,4%. Relativamente all’offerta dei servizi, nel territorio marchigiano il dato regionale è abbastanza diversificato (AP e MC 6,8% e AN e PU oltre il 12%) ma comunque inferiore al 33% previsto dal Trattato di Lisbona. Quindi, si evince che la quota di domanda insoddisfatta è ancora alta e la richiesta di implementare i servizi e le azioni positive di conciliazione tra i tempi di vita e lavoro comincia ad essere sempre più insistente. In base alle esperienze in corso di alcune regioni italiane, abbiamo appurato che la Tagesmutter innanzitutto è una Mamma, di scolarità media (diploma), adeguatamente formata, che offre educazione e cura a bambini di altri, presso il proprio domicilio, dai primi mesi in su, con stabile collegamento con l’Associazione o Cooperativa che la sostiene e la supporta nel lavoro.

L’Associazione garantisce, nei confronti delle famiglie utenti e dell’Ente pubblico, il mantenimento degli standard qualitativi previsti, sia dal punto di vista ambientale che educativo. Infatti, fornisce idonea documentazione sia relativa agli ambienti in cui si svolge l’attività, che alle persone abilitate a tale compito, nonché al progetto pedagogico ed educativo di riferimento. La mamma può accogliere fino ad un massimo di 5 bambini contemporaneamente, compresi i propri figli se presenti nell’orario di servizio. Tale numero è proporzionato alla dimensione della casa che ospita. Il servizio, invece, comporta: l’accoglienza e la cura di bambini in un ambiente familiare; una figura di riferimento stabile per il bambino e per la famiglia utente; regolarmente retribuita dall’Associazione di riferimento, tramite regolare contratto; l’inserimento del bambino in un piccolo gruppo, favorendo un piccolo contesto di socializzazione e il rispetto dei tempi del bambino; la personalizzazione del servizio nel rispetto delle scelte educative della famiglia; la flessibilità d’orario del servizio, concordato secondo le esigenze della famiglia e dei bimbi accolti; un coinvolgimento della famiglia nella definizione della risposta ai propri bisogni e personalizzazione della risposta; la creazione di una rete a sostegno delle famiglie utenti e delle lavoratrici che le supporta in tutti gli aspetti pedagogici e organizzativi della relazione. Il servizio non ha orari predeterminati.

Essi vengono concordati all’avvio del servizio tenendo conto delle esigenze della famiglia utente e delle disponibilità della Tagesmutter. Gli accordi vengono formalizzati in un contratto di servizio che garantisce entrambe le parti, definendo impegni e responsabilità. Il servizio, inoltre, come garanzie, offre: mamme adeguatamente formate e costantemente aggiornate; monitoraggio costante del mantenimento degli standard qualitativi previsti riguardanti la casa e il lavoro delle singole Tagesmutter; disponibilità di un coordinatore a disposizione delle operatrici e delle famiglie utenti; costante verifica delle norme igenico-sanitarie ambientali e della sicurezza delle case in cui si svolge il servizio; trasparenza e condivisione delle regole del servizio; massima flessibilità del servizio rispetto alle richieste delle famiglie utenti. Infine, un discorso a parte va fatto a proposito del contesto, ossia, della casa in cui vengono ospitati i bambini.

La casa è il luogo denso di relazioni e significati in cui si svolge la quotidianità secondo modalità che implicano espressioni affettive, che regolano tempi e spazi della convivenza; è lo spazio familiare in cui il mondo dei bambini e quello dei “grandi” si incontrano; è il luogo in cui sentirsi protetti e, per questo, in cui poter “osare” nuove avventure; è il luogo in cui apprendere le regole sociali in un contesto affettivamente rassicurante; è un ambito in cui anche le famiglie crescono e si incontrano, mutuando modalità e metodologie educative adeguate; è il luogo in cui i saperi educativi si traducono in comportamenti quotidiani.

Men at work. Sostegno alla creazione d’impresa. I Bandi FSE della Provincia

Vi raccoMen at work. Sostegno alla creazione d’impresa. I Bandi FSE della Provinciantiamo quanto possa essere lunga e difficile la strada per ottenere un contributo a fondo perduto, partecipando a bandi provinciali per il sostegno alla creazione di nuove imprese.

L’avviso pubblico emanato dalla Provincia di Ancona, scadenza 14 gennaio 2010, erogava contributi a fondo perduto (25/30 mila euro) a favore di Piccole Imprese con sede nel territorio della Provincia di Ancona (Fondi FSE 2007/2013). Gli obiettivi erano quelli di incrementare la qualità del lavoro mirando all’innalzamento dei livelli occupazionali e al raggiungimento del pieno impiego. L’importo complessivo previsto era di 900.000 euro suddiviso su tre Assi: Innovazione (400mila), Occupabilità (300mila) e Inclusione sociale (200mila). Potevano partecipare tutte quelle imprese che si erano costituite nell’arco di tutto il 2009.

Le imprese che hanno partecipato al Bando erano del tutto consapevoli del fatto che non era per niente una passeggiata, perché il progetto da presentare doveva contenere una serie di caratteristiche precise e rigorose. Molti, con caparbietà e forza d’animo, alimentati dalla speranza di far passare un’idea in cui credevano molto, si sono fatti assistere da consulenti e professionisti. Altri hanno fatto tutto da soli.

Trascorsa la scadenza, tutti quanti, in religiosa attesa, hanno cominciato a sperare di entrare in graduatoria e di poter utilizzare quel gruzzoletto tanto agognato. Certo, non ci si affidava completamente a questo contributo però si poteva contare sul fatto di poter recuperare almeno le spese di avviamento.

La commissione di valutazione dei progetti pare si sia riunita solo a settembre (8 mesi dopo la scadenza del bando) e finalmente in autunno le tre graduatorie sono state pubblicate. Quella della Occupabilità presenta 77 progetti ammessi. A questo punto, quelli della parte bassa dell’elenco hanno cominciato a disperare, quelli della parte centrale sono rimasti con il fiato sospeso, e a tutt’oggi, dopo più di un anno, solo i primi 23 hanno ricevuto la comunicazione di ammissione (se qualcuno di questi rinuncerà la graduatoria scivolerà automaticamente verso il basso). Né è dato sapere se arriveranno a breve o lungo periodo altre risorse per finanziare le decine di progetti in graduatoria.

Alimentare inutilmente speranze ed attese per così tanto tempo è proprio una gran brutta cosa anche perché nessuno sa quando queste graduatorie rimarranno ferme per mancanza di fondi; ma, soprattutto, non si capisce perché dalla scadenza del bando all’utilizzo dei fondi è trascorso più di un anno! Siamo consapevoli che la ripresa è difficile ma, se ci mettiamo pure che le difficoltà di avvio di nuove iniziative imprenditoriali si sommano alla lunghezza e alla farraginosità delle procedure burocratiche, essa sarà anche più lunga.

Men at work: lo stress lavoro-correlato, cosa si sta facendo?


Men at work: lo stress lavoro-correlato, cosa si sta facendo?A partire dal 31 dicembre 2010 è scattato per tutte le imprese pubbliche e private l’obbligo di inserire nel Documento di Valutazione dei Rischi anche la valutazione dello stress lavoro correlato, come stabilito dall’Art. 28 del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro, D. Lgs. 81/08.

Lo stress legato al lavoro rappresenta un rischio non certo nuovo per la diffusione che sta assumendo un pò dappertutto, ed è altamente probabile che il fenomeno aumenti in futuro, a causa di alcuni cambiamenti in corso nel mondo del lavoro.

L’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro ha individuato cinque aree di variabili che rendono emergenti i rischi di stress:
1 – utilizzo di nuove forme di contratti di lavoro (contratti precari) e l’incertezza e l’insicurezza del lavoro stesso (scarsità di lavoro);
2 – forza lavoro sempre più vecchia (poco flessibile e poco adattabile ai cambiamenti) per mancanza di adeguato turn-over;
3 – alti carichi di lavoro, con conseguenti pressioni sui lavoratori da parte del management;
4 – tensione emotiva elevata, per violenze e molestie sul lavoro;
5 – interferenze e squilibrio fra lavoro e vita privata.

Quindi è necessario che per valutare e fronteggiare i fattori lavorativi di stress, tutte le aziende analizzino la loro organizzazione secondo un percorso che prenda in esame tutte le variabili sopra indicate in modo da individuare le misure correttive più appropriate ed efficaci.

Ma qual è la situazione sul nostro territorio? In seguito ad alcune interviste effettuate su un campione di aziende di varia dimensione, pubbliche e private, pare che questo documento di valutazione venga vissuto più come un’ennesima incombenza burocratica che come un’opportunità da cogliere con serietà. In effetti, vi è un iter molto preciso che il datore di lavoro deve seguire in collaborazione con il medico competente e i lavoratori o loro rappresentanti.

La Commissione consultiva per la valutazione dello stress lavoro-correlato ha indicato alcune linee guida su come debba presentarsi questo documento:
Una valutazione preliminare che consiste nella rilevazione di indicatori oggettivi e verificabili, appartenenti quanto meno a tre distinte famiglie:

1) Eventi sentinella, quali ad esempio: indici infortunistici; assenze per malattia; turnover; procedimenti e sanzioni; segnalazioni del medico competente; specifiche e frequenti lamentele formalizzate da parte dei lavoratori.

2) Fattori di contenuto del lavoro, quali ad esempio: ambiente di lavoro e attrezzature; carichi e ritmi di lavoro; orario di lavoro e turni; corrispondenza tra le competenze dei lavoratori e i requisiti professionali richiesti.

3) Fattori di contesto del lavoro, quali ad esempio: ruolo nell’ambito dell’organizzazione; autonomia decisionale e controllo; conflitti interpersonali al lavoro; evoluzione e sviluppo di carriera; comunicazione (es. incertezza in ordine alle prestazioni richieste).

Ove dalla valutazione preliminare non emergano elementi di rischio da stress lavoro-correlato tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, il datore di lavoro sarà unicamente tenuto a darne conto nel Documento di Valutazione del Rischio (DVR) e a prevedere un piano di monitoraggio.

Diversamente, nel caso in cui si rilevino elementi di rischio da stress lavoro-correlato tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, si procede alla pianificazione ed alla adozione degli opportuni interventi organizzativi, tecnici, procedurali, comunicativi, formativi, etc. Ove gli interventi correttivi risultino inefficaci, si procede alla fase di valutazione successiva (c.d. valutazione approfondita).

Naturalmente, non appena questa valutazione è diventata obbligatoria, il datore di lavoro si è trovato subito di fronte all’offerta di software, questionari standard, procedure pronte per essere facilmente applicate, nonché proposte ‘chiavi in mano’ di consulenti e società specializzate sulla sicurezza. Ma quello che sta mancando soprattutto è la consapevolezza da parte del datore di lavoro dell’importanza di una valutazione che ben si adatti alla propria realtà aziendale. Infatti, un’analisi ambientale approfondita e aiutata da strumenti di analisi del lavoro e del ben-essere (clima) organizzativo, potrebbero offrire una fotografia più chiara di quelle che sono veramente le cause oggettive e soggettive dello stress lavoro-correlato.